Rosuvastatina e riduzione del rischio di fratture: uno studio smentisce



Approfondimenti medici - 11/12/2014


L’assuzione di presidi farmacologici a base di rosuvastatina, un composto utilizzato per trattare l’ipercolesterolemia, non riduce il rischio di fratture. Questo il principale dato presente su un report pubblicato online su Jama International Medicine.

Le malattie cardiovascolari - la cui prevenzione primaria è uno degli obiettivi delle terapie a base di rosuvastatina - possono condividere percorsi biologici comuni con lo sviluppo di aterosclerosi e di osteoporosi.

Sono diversi gli studi che suggeriscono un ruolo positivo delle statine nella riduzione del rischio di fratture. Secondo un’equipe medica attiva presso l’Albert Einstein College of Medicine di New York, questa correlazione sarebbe inesistente.

Lo studio che ha portato a tale esito ha coinvolto un campione di 17802 individui ambosessi (tutti con alti biomarker infiammatori), con le donne di età media superiore ai 60 anni e gli uomini di età media superiore ai 50.

Il campione è stato diviso in due gruppi, uno trattato con rosuvastatina (20 mg/giorno) e uno composto da membri a cui è stato somministrato solo del placebo.

Il numero totale di fratture riportate al follow up è risultato pari a 431, con 221 casi tra i pazienti facenti parte del gruppo sperimentale, per il quale l’incidenza di fratture è risultata pari a 1,20/100 persone-anno.

Il medesimo dato nel gruppo di controllo (210 fratture totali) è stato inquadrato come pari a 1,14/100 persone-anno.


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